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Il peculato mediante indebito utilizzo dei fondi per il funzionamento dei gruppi consiliari non sussiste nel caso in cui il singolo consigliere regionale sia privo della disponibilità diretta del denaro, configurandosi diversamente quale indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.) il conseguimento del rimborso delle spese di rappresentanza sostenute sulla base di specifiche istanze corredate da documentazione inadeguata ed approfittando di controlli blandi

Argomento: Dei delitti contro la pubblica amministrazione
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. VI, 16 marzo 2023, n. 11341)

 

Stralcio a cura di Lorenzo Litterio

“(…) 7. (…), il consolidato orientamento di questa Corte, (…), interpreta la nozione di possesso assunta dall’art. 314 cod. pen. attribuendole un significato più ampio di quello civilistico. Si ritiene, infatti, non necessario che il pubblico ufficiale abbia la materiale detenzione o la diretta disponibilità del denaro, essendo sufficiente la disponibilità giuridica, ossia la possibilità di disporne, mediante un atto di sua competenza o connesso a prassi e consuetudini invalse nell’ufficio, e di conseguire quanto poi costituisca oggetto dell’appropriazione (…). La giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente ampliato la nozione penalistica di possesso con riferimento alle c.d. procedure complesse, quali le ordinarie procedure di spesa. Si è, infatti, ritenuto che il possesso del denaro della pubblica amministrazione può anche essere mediato e far capo congiuntamente a più pubblici ufficiali quando la disciplina di natura pubblicistica prevede che l’atto dispositivo sia di competenza di un organo collegiale ovvero richieda l’intervento di più organi (…). Si è, pertanto, affermato che l’inversione del titolo del possesso e la conseguente appropriazione del denaro, (…), può realizzarsi anche attraverso l’atto dispositivo di competenza del pubblico agente che consenta di conseguire materialmente il bene. (…). 7.2. (…) la nozione penalistica di “possesso” è stata declinata dalla giurisprudenza di questa Corte in termini non omogenei con riferimento all’utilizzo dei fondi assegnati ai gruppi consiliari. (…) si è, infatti, posto il problema della configurabilità o meno di una disponibilità di detti fondi da parte dei singoli consiglieri e, in ultima analisi, della qualificazione giuridica della condotta come peculato ovvero quale indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter cod. pen.). (…) con riferimento all’ipotesi più comune nelle singole realtà regionali - l’assegnazione del fondo al capogruppo ovvero, come nella fattispecie in esame, direttamente al gruppo ma con l’attribuzione del potere di gestione al capogruppo – la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale il Collegio non intende discostarsi, ha costantemente ravvisato la configurabilità del [continua ..]

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